Salve a tutti miei cari lettori!
Oggi affronteremo e ricorderemo (per
chi, come me, è ticinese) un fatto che ha creato non poche polemiche in tutto
il Ticino.
Correva il mese di novembre del 2009
quando, improvvisamente, senza che nessuno ne sapesse niente, sono apparsi dei
cartelli con sfondo bianco e scritta nera: “i disabili sono inutili”, “i
disabili non vogliono lavorare” e “i disabili ci costano solo soldi”.
Non si fecero desiderare le reazioni,
sia di tipo sociale che politico: Laura
Tarchini (PPD), Lauro Degiorgi
(PS), Ivan Belloni (PLR) e altri
consiglieri comunali, hanno sottoposto il caso all’esecutivo di Lugano
dichiarandosi indignati per i cartelloni apparsi in loco (e non solo) e
spiegano che in quei giorni diversi turisti italiani di passaggio, sono stati
visti a Lugano che fotografavano i manifesti e, sconcertati, affermavano
ironicamente: “complimenti agli svizzeri”.
Mentre Bellinzona nega di sapere chi
c’è dietro a questa campagna pubblicitaria, Maria, mamma di Nicoletta (bimba
disabile purtroppo), chiede che i cartelloni vengano rimossi immediatamente
perché la fanno sentire offesa e discriminata e chiede alle autorità,
supplicante, di fare qualcosa... perché non offendono solo lei ma tutti coloro
che, purtroppo, sono portatori di handicap. Anche Ticino Turismo non riesce ad accettare che certi slogan di simile
bassezza appaiano in città: “è un’offesa nei confronti delle persone disabili
che oltre a creare indignazione pubblica, mette in cattiva luce il Ticino
davanti ai nostri ospiti che trascorrono alcune ore nelle nostre città”. Lugano
provvederà chiedendo all’AI di Berna se ci sarà un seguito a questa vicenda.
I giorni passano e ancora non si conosce
chi c’è dietro a quest’ideona ma comincia a circolare la voce che i manifesti non
siano discriminanti ma pro disabili. L’obbiettivo sarebbe quello di mettere
nero su bianco i pregiudizi esistenti nei loro confronti: le scritte non sono
altro che la prima metà di una frase che trasformerà il significato negativo in
positivo.
Malgrado ciò, i consiglieri comunali,
non gradiscono e si vedono preoccupati per le persone portatrici di handicap e
le loro famiglie che, leggendo quelle scritte, si sentono ferite moralmente. Lorenzo Giacolini (direttore della
federazione ticinese integrazione andicappati) giudica la campagna moralmente
inaccettabile e offensiva, anche se costruita a fin di bene: “se almeno ci fossero state indicazioni
sull’autore la gente avrebbe capito che ci sarebbe stato un seguito [...]
il problema poi non è tanto il fatto di provocare: di campagne provocatorie a
favore dei disabili ne sono già state fatte, ma non con contenuti di questo tipo. Se il promotore della campagna non uscirà
allo scoperto” dichiara Giacolini “potremmo
prendere provvedimenti con una causa contro ignoti”.
Ma chi sono? Chi sono le persone o gli
enti che hanno fatto stampare e mettere in tutte le città questi cartelloni?
Secondo il sito d’informazione “20 minutes” gli autori vanno cercati nell’Assicurazione invalidità, infatti,
l’ufficio delle assicurazioni sociali non ha nè smentito nè confermato.
La società generale d’affizione
svizzera non è ancora riuscità a svelare il volto dell’”artista” e Pro Infirmis
giudica i cartelloni inaccettabili. Mentre si filosofa sul fatto se questo tipo di
provocazione sia o meno adatta al nostro tipo di società, anche le forze
dell’ordine si mobilitano per cercare un colpevole. Non essendo firmati (i
cartelloni) potrebbero essere stati pubblicati da chiunque, senza un vero e
proprio intento positivo: “sarebbe grave” dice un membro delle forze
dell’ordine: “ma al giorno d’oggi non mi stupisco più di nulla”.
Poi, il Corriere del Ticino, pubblica questa stesura scritta da Manuela Bernasconi da Pregassona: un
testo che squote gli animi in quanto mette l’accaduto sotto una luce diversa.
Un’educatrice professionista, diventata tetraplegica per un periodo a causa di
una malattia, invita tutti gli indignati alla riflessione, piuttosto che fare
tutto questo baccano. Manuela trova quelle scritte geniali perché riflette nero
su bianco (e senza tanti giri di parole) quello che è la realtà, a condizione però, che queste scritte,
possano attirare l’attenzione di tutti per poter parlare del problema in modo
serio e approfondito. Non si ferma a ciò e va avanti nelle sue
argomentazioni puntando il dito contro chi amministra i soldi e gestisce le
misure di contenimento delle spese nel settore delle strutture socio-sanitarie
e socio-educative:
“Quello che per una persona normodotata è assoluta routine e non merita nemmeno attenzione, per una persona in difficoltà è pura utopia. Parlo dell’autodeterminazione nelle piccole scelte di ogni giorno. Purtroppo nelle strutture socio-sanitarie e socio-educative il personale è stato tagliato all’inverosimile, bisogna lavorare per priorità. I piccoli bisogni vengono a volte soffocati, per forza. Mi rivedo a dover ammettere di non aver tempo per soddisfare piccole richieste dei miei utenti”
vi invito a leggere la versione
integrale di questo articolo: per farlo basterà cliccare sull’immagine e in
questo modo la potrete ingrandire.
È ufficiale! Finalmente un volto,
finalmente un nome, finalmente l’autore: l’UFAS.
L’ufficio federale assicurazioni sociali è la mente di quest’ideona che (chissà
perché...) ha tenuto una conferenza stampa anticipata, nel canton Berna, dove
il vicedirettore Alard du Bois-Reymond
si è scusato pubblicamente con tutte quelle persone che si sono sentite toccate
dalle scritte. Anticipata è stata anche la seconda parte della campagna
pubblicitaria così da guarire, il più velocemente possibile, ogni cicatrice
procurata involontariamente e far capire il vero intento che si celava dietro a
quei cartelloni maledetti un po’ da tutti.
La direttrice del DSS (Dipartimento
della sanità e socialità) Patrizia Pesenti, però, non ci sta e assicura
che nè il Governo, nè il DSS, nè l’AI come neppure l’IAS ne sapevano nulla fino
a pochi giorni prima: “il limite è stato ampliamente superato” continua la
direttrice del DSS “io, personalmente, non avrei mai approvato una campagna con
frasi così provocatorie [...] spero che l’UFAS tragga qualche conclusione da
questa esperienza”.
Tutto è bene ciò che finisce bene? Non lo so.
Fatto sta che i cartelloni mostravano solo la prima metà di una frase come in
molti, tra l’altro, sospettavano (o per lo meno, in nome del buon senso del
limite, speravano). “i disabili sono inutili, perché non permettiamo loro di lavorare” o ad
esempio “i disabili non verranno mai a lavorare,
fino a quando butteremo via i loro curricula”.
Chissà, se anche in questo caso, tutto è bene ciò che finisce bene?
Quando è emersa la vicenda io avevo 19 anni e, ad
essere onesto, non mi sono interessato gran che. Certo i cartelloni mi
offendevano e spesso provavo disgusto tutte le volte che se ne parlava o che li
vedevo ma non ho mai approfondito la cosa.
Ora, all’età di 22 anni, forse ho imparato a parlare meno
ed ascoltare di più. Così, leggendo i vari articoli di giornale, ho potuto
sentire entrambe le campane con attenzione e posso dirvi (nel modo più completo
e chiaro possibile) quello che penso io.
Posso comprendere che l’UFAS abbia voluto utilizzare
la provocazione per attirare l’attenzione della popolazione ma qui la corda è
stata tirata fin troppo (per i miei gusti). Mi trovo d’accordo con Lorenzo Giacolini e un’agente delle forze dell’ordine quando dicevano
che se le scritte fossero state almeno firmate, la gente avrebbe aspettato dei
chiarimenti o delle spiegazioni. Invece, in questo modo, la frase dà la
sensazione che sia completa e finita così per cui trovo normale che la gente
reagisca (escludendo i politici per loro devono sempre fare la voce grossa).
La testimonianza fatta dalla signora Manuela Bernasconi l’ho trovata
sbalorditiva perché è riuscita a mettere il problema sotto un altro aspetto
interpretandolo positivamente. Su vari elementi sono d’accordo con lei ma in
molti altri no: in primo luogo non si può avere l’arroganza di sapere come un
disabile si senta davanti ad un ostacolo per il “semplice” fatto che una
malattia l’abbia portata in una situazione di tetraplegia temporanea, di
disabilità ne esistono varie forme come esistono vari tipi di caratteri che
determinano l’interpretazione di un problema che ogniuno di noi incontra nel
proprio cammino. In secondo luogo credo che l’attenzione debba focalizzarsi non
sulle scritte in sè ma sulla sfaggiataggine con la quale queste scritte sono
state rese pubbliche senza un preavviso o un minimo di spiegazione.
Infatti, questo tipo di messaggio, ha obbligato l’UFAS a svelare anticipatamente il
seguito della campagna pubblicitaria per potersi parare il culo. Il problema
però è che nessuno di questi benpensanti
han previsto che certe frasi posso lasciare una cicatrice indelebile quindi,
seppur l’intento fosse buono e la campagna fosse al servizio della difesa dei
disabili, non è sufficiente ad addolcire molte bocche amareggiate.
7note
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e voi? che ne pensate a tal proposito??
dite la vostra scrivendo un commento
Io dico che certa gente parla o scrive proprio perché i due neuroni che ha in testa fanno contatto per sbaglio.
RispondiEliminaProprio stamattina leggevo che in Spagna c'é stata una manifestazione di persone disabili contro i tagli del settore sanità.
Leggevo frasi come "Abbiamo già poco, non ci tolgano anche....."
Io dico: non scherziamo, esiste davvero ancora il cretino che pensa che siamo diversi?
Personalmente apprezzo infinitamente la risposta di chi aveva modificato i cartelloni in "i disabili sono (in)UTILI"... :)
io non sono da queste parti,non credo di riuscire di scrivere tuto senza sbagliare ma ci tengo tanto di comentare su questo blogger,su questo articolo sopra tuto e spero che si capisca.prima di tuto mi fa male che per tirare l'atentione ce bisonio di qualqosa simille...si io sono di parere che i cartelloni sono stati mesi cosi perché l'gente non reagisce a le cose buone o tranquile no!..per farsi sentire anno dovuto scrivere al contrario perché il'mondo la sveglii con le cose male- è atratta de le cose scandalose.sentite a me dispiace tanto per questa cosa, io o davante a me tuti giorni una persona meravgliosa e de disabille ma vi asiguro che o visto molti ma molti persone che li funzionano tutto- gambe, manni,occhi,oreche ect.è sono nulla confronte a questa persona{ non e uno complimento } è l'averita,anzi direi che sono piu disabili loro...ma credo che non lo sanno.disabili sono e ci sarano sempre questa e la brutta verita ma noi non dobiamo girare vollto solo un atimmo e poi tornare a le cose qotidenne- fare la spesa,andare al spaso il cane, andare al lavoro...ect.loro sono qua e vogliono fare le stese cose perche sono abile.cerchiamo di sentirli è per cominceare se po fare con il vostro comment qui credo che insieme si puo fare qualquosa.
RispondiEliminaMalgrado lo scopo dei cartelloni puntasse a sensibilizzare la gente su un problema reale e tangibile riguardante i disabili, si é effettivamente mancato di tatto e sensibilità. Certo é che la commissione di controllo (o chi avrebbe dovuto controllare l'uscita di questi cartelloni) non ha calcolato l'offesa provocata ai disabili e non solo a loro. Questo ci da' un chiaro esempio di come la società faccia fatica a mettersi nei panni degli altri, specialmente se quest'altri sono una minoranza.
RispondiEliminaNon mi è capitato di vedere queste pubblicità, ma sono sicura che se avessi letto un cartellone come quelli pubblicati inizialmente, ne sarei rimasta toccata e mi sarei interessata alla questione (come è in effetti successo da vari politici).
RispondiEliminaÈ vero che la mancanza di tatto è stata evidente: piuttosto che rimanere anonimi, avrebbero dovuto scrivere sin dall'inizio la seconda parte della frase, di modo che non avrebbero offeso molte persone costrette a vivere in situazioni più difficili che le nostre, e non avrebbero dato alla nostra nazione una reputazione come quella che i turisti italiani hanno recepito, leggendo simili frasi.
Se lo scopo era quello di attirare l'attenzione su queste problematiche, allora condivido pienamente i fini della campagna pubblicitaria, ma non i mezzi: esistono 1000 altri metodi per richiamare l'occhio del passante su un cartellone, senza dover per questo offendere qualcuno!